Appunti sulla natura giuridica delle registrazioni contabili

  • Le registrazioni contabili sono dichiarazioni di verità e fanno parte delle dichiarazioni obbligate.
  • L’efficacia giuridica delle registrazioni contabili in qualità di dichiarazioni obbligate è dipendente dalla veridicità del fatto registrato. Si tenga presente, però, che l’obbligo della veridicità sussiste solo per le scritture contabili obbligatorie e non anche per quelle facoltative.
  • La forma richiesta per le scritture contabili è quella scritta per rispondere ai requisiti di memoria e di controllo richiesti dalla legge. Esse, pertanto, devono tradursi in “ documenti”. Le registrazioni contabili sono documentazioni di II grado, mentre sono documentazioni di I grado le cosiddette “ pezze di appoggio”.
  • Le formalità delle scritture contabili si distinguono in “ estrinseche” ed” intrinseche”.
  • Le formalità estrinseche corrispondono alla:
    1. legatura;
    2. numerazione progressiva pagina per pagina;
    3. vidimazione annuale;
    4. bollatura;
    5. indicazione nell’ultima pagina del numero dei fogli.

Quando non vengono rispettati i requisiti estrinseci si ritiene violato l’obbligo della tenuta dei libri con la conseguenza che l’imprenditore non può trarre i benefici che porta con se l’ordinata tenuta dei libri (ammissione all’amministrazione controllata, concordato preventivo, ecc.;).

  • Le formalità intrinseche consistono:
    1. nel divieto di lasciare spazi in bianco;
    2. nel divieto di fare cancellature;
    3. nel divieto di lasciare interlinee e fare trasporti a margine.

La mancata osservanza dei requisiti intrinseci comporta una “ tenuta irregolare” dei libri contabili.

  • Il contenuto delle registrazioni contabili deve essere tale da rendere evidenti i fenomeni interni dell’impresa ed i rapporti giuridici esistenti fra impresa e terzi. Questi scopi si possono raggiungere con una buona formazione del “ piano dei conti”.
  • L’errore può essere involontario o volontario.
    • L’errore involontario consiste nella difformità esistente tra ciò che si è registrato e la situazione reale per motivi non imputabili alla volontà del dichiarante. All’errore si può rimediare con opportune operazioni di rettifica. L’errore volontario si ha quando la non veridicità delle registrazioni è voluto dal dichiarante ( es. l’imprenditore vuole rilevare delle passività non esistenti o rimanenze non effettive, utili non maturati, ecc.).
    • L’errore volontario può commettersi per due diverse vie:
      1. creando una dichiarazione di I° grado falsa, sicché la registrazione si basa su un documento non vero;
      2. alterazione di una dichiarazione di I° grado.

Entrambe queste ipotesi comportano una responsabilità di carattere penale (falso penale , artt. 483 – 485 C.P., quest’ultimo con D. Lgs. 7/2016 è stato modificato e la previsione non costituisce più reato).

Contro le scritture contabili, invece, non è prevista la querela per falso civile. Infatti, si ha il falso civile quando una dichiarazione, cui la legge attribuisce “ presunzione assoluta di verità”, non risponde al vero. Quindi la querela per falso civile è prevista solo per l’atto pubblico e la scrittura privata sottoscritta. Poiché le registrazioni contabili non possono considerarsi scritture private sottoscritte, dato che l’art. 2709 c.c. non gli attribuisce piena prova, ma solo presunzione legale contro la quale è ammessa prova contraria, contro di esse non è proponibile querela per falso.

  • L’interpretazione delle registrazioni contabili, dato il loro contenuto di verità e non di volontà, deve essere di carattere oggettivo e non soggettivo. Poiché attraverso le registrazioni deve essere possibile la ricostruzione della situazione economica, esse devono necessariamente rispondere a requisiti di chiarezza e di semplicità.
  • La rettifica è un rimedio contro le scritture contabili erronee. L’art. 2219 c.c. prevede la possibilità di cancellazione nei libri dell’impresa e ne prescrive le modalità. La rettifica è, tuttavia, un rimedio eccezionale e deve usarsi nei limiti dello stretto necessario. Se, infatti, in un libro le rettifiche sono molto frequenti, esse possono incidere sul valore giuridico del libro nel suo complesso. Sui libri contabili non possono farsi abrasioni, e se necessaria qualche cancellatura, questa deve essere fatta in modo che le parole cancellate siano leggibili, onde potere controllare quanto è stato rettificato.
    • I caratteri della rettifica sono:
      1. la tempestività: la rettifica deve avvenire prontamente, non appena si è scoperto l’errore, o non appena cessa la causa ( incapacità, violenza, ecc.);
      2. la cronologicità: la rettifica ha una sua data ed una collocazione nel tempo e deve richiamarsi alla data dell’operazione che si corregge;
      3. il collegamento: la rettifica deve richiamare la data ed il numero della dichiarazione rettificata;
      4. la motivazione: la rettifica deve essere giustificata, perché proprio in essa possono annidarsi frodi e artifizi rispetto alle risultanze originarie.

Esistono però limiti temporali al potere di rettifica. Infatti, le rettifiche sono possibili fino a quando le scritture restano nella esclusiva disponibilità dell’imprenditore. Una volta che le scritture escono dalla sfera di disponibilità dell’imprenditore, la legittimità della rettifica appare più difficilmente giustificabile (es. rettifiche successive ad una vidimazione pubblica, ad un deposito, ecc;.).

  • Tenuta delle scritture contabili significa due cose: documentazione e conservazione.

L’art. 2214 c.c. accenna all’obbligo di tenuta del libro giornale, del libro degli inventari e di tutti gli altri libri necessari in riferimento alla natura e dimensione dell’impresa e della corrispondenza ricevuta e spedita.

Lo stesso art. del c.c. obbliga l’imprenditore alla conservazione per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione di tutte le scritture contabili e della corrispondenza ricevuta e spedita.

Anche la legislazione fiscale (DPR 600/73 art. 22 e DPR 633/72 art. 39), in ordine all’ obbligo di conservazione delle scritture, si uniforma a quanto stabilito dal C.C. aggiungendo, però, che le stesse devono essere conservate fino a quando non siano stati definiti gli accertamenti relativi ai corrispondenti periodi di imposta, anche oltre il termine stabilito dall’art. 2220 c.c. o da altre Leggi  tributarie. Fino allo stesso termine devono essere conservate, per ciascun affare, le originali delle fatture, dei telegrammi e delle fatture ricevute, nonché le copie delle lettere e dei telegrammi spediti e delle fatture omesse.